Risultati intermedi di uno studio di fase 1b hanno mostrato che il trattamento di 12 settimane con Mongersen ha determinato un miglioramento della risposta endoscopica, della risposta e della remissione clinica nei pazienti con malattia di Crohn in forma attiva.
Mongersen ( GED-0301 ) è un oligonucleotide antisenso orale che ha come target Smad7; in un precedente studio ha dimostrato di indurre la remissione clinica in circa il 60% dei pazienti con malattia attiva di Crohn.
È ritenuto agire localmente; riduce i livelli di Smad7 che causano infiammazione con una minima esposizione sistemica.
CD-001 è uno studio multicentrico esplorativo, randomizzato, in doppio cieco, in corso, che ha come obiettivo quello di valutare gli effetti di tre regimi orali di Mongersen sugli esiti endoscopici e clinici nei pazienti con malattia di Crohn attiva.
Un totale di 63 pazienti ( età media 41.5 anni ) sono stati assegnati in modo casuale a ricevere 160 mg di Mongersen una volta al giorno per 4, 8 o 12 settimane.
Dopo la fase di trattamento, i pazienti sono entrati in una fase di osservazione senza trattamento della durata di 52 settimane.
Per i pazienti idonei è disponibile una ulteriore fase di estensione di 24 settimane con trattamento.
Alla settimana 2 sono stati osservati miglioramenti clinici, e la risposta e la remissione clinica sono state mantenute o accresciute in tutti i gruppi di dosaggio fino a 12 settimane, con i tassi più elevati che si sono verificati nel gruppo trattato per 12 settimane ( 67% e 48%, rispettivamente ).
In questo gruppo, la riduzione media, rispetto al basale, è stata di 133 punti sulla scala CDAI ( Crohn's Disease Activity Index ) alla settimana 12.
Inoltre, 52 pazienti avevano endoscopie valutabili alla 12.a settimana; il 37% di questi soggetti ha presentato una risposta endoscopica, comparabile tra i gruppi di trattamento.
16 pazienti avevano una maggiore attività endoscopica di malattia al basale; di questi il 63% ha presentato almeno una riduzione del 25% nel punteggio endoscopico semplice, con il 31% che ha avuto almeno una riduzione del 50%.
Non sono emersi nuovi segnali di sicurezza, e la tollerabilità è risultata paragonabile a quella riscontrata in studi precedenti. ( Xagena2016 )
Fonte: United European Gastroenterology Week, 2016
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